mercoledì 28 maggio 2008

Ultima tappa Walvis Bay-Alexander Bay-Cape Town

20 Aprile

Piano di volo: Walvis Bay(1)-Alexander Bay(2) (sosta tecnica x rifornimento)-Cape Town, miglia previste 710

La tappa di oggi e' lunga ma non siamo riusciti a dividerla in tappe piu' piccole, o avremmo dovuto partire un giorno prima da Hobatere. Al mattino ci svegliamo con l'ansia della nebbia, in questa zona infatti e' normale che al mattino ci sia nebbia la quale si dissipa solo in tarda mattinata; noi purtroppo viste le previsioni meteo per la giornata che danno venti tesi da sud est dal confine con il Sudafrica fino a Cape Town, abbiamo bisogno di tutte le ore di luce possibili per arrivare prima del tramonto. Il cielo e' ancora abbastanza coperto ma si inizia a intravedere il sole tra vari sprazzi di nuvole, speriamo bene.Di corsa in aeroporto facciamo dogana e mentre finiamo i controlli pre volo il cielo e' ormai abbastanza aperto da permetterci un decollo in tutta tranquillita'. Dopo il decollo prua verso sud, verso la Table Mountain che ci aspetta a circa 700 miglia di distanza.

Subito a sud della citta' la sabbia riprende a dominare. All'incirca a meta' della prima tratta sorvoliamo la baia di Luderitz, ottimo posto per rifugiarsi con la barca in caso di maltempo, il guaio e' che l'ingresso e' cosparso di bassi fondali sabbiosi...e all'inteno vi sono vari allevamenti di ostriche.

Il vento da sud est, e quindi proprio in faccia, inizia gia' a farsi sentire superata Luderitz e siamo costretti a seguire i suoi capricci per ridurre al minimo la resistenza. A tratti voliamo bassi, poi ci alziamo perche' sembra che in quota soffi di meno e cosi' via.
Dopo un quarto d'ora di turbolenza abbastanza fastidiosa avvistiamo il confine tra Namibia e Sudafrica, segnato dal fiume Orange che finalmente qui si riposa in mare dopo un percorso lunghissimo che attraversa quasi tutto il nord del Sudafrica con piu' o meno acqua a seconda della ricchezza dei suoi affluenti.
Davanti a noi la pista di Alexander Bay, appena tracciata sulla sabbia nel perfetto nulla. Siamo tornati in Sud Africa. Oggi e' domenica, quindi anche qui non c'e' nessuno in torre di controllo. Tra l'altro ad Alexander vi sono due piste che hanno pochi gradi di differenza l'una dall'altra, la principale e' la 19 e quella in sabbia e' la 25.
Il vento e' teso e la direzione non e' proprio costante; qualche giro sopra la pista in cerca di riferimenti per quella in uso e poi Aldo decide e procediamo all'atterraggio.
Dopo aver fatto carburante siamo pronti, nonostante la stanchezza, ad affrontare la seconda parte della tappa, ma prima il decollo...mentre ci avviamo verso la pista Aldo guardando la manica a vento decide che e' meglio usare la 19, quindi comunica via radio la sua decisione e ci portiamo all'inizio pista per il decollo; mentre stiamo rullando un'altra occhiata alla manica a vento e tutto e' cambiato...ora e' nettamente piu' favorevole decollare dalla 25, quindi nuova comunicazione radio e ci dirigiamo verso quest'ultima pista, quando...cacchio il vento e' girato ancora, ora e' meglio la 19, no ora la 25, aspett...insomma se aspettiamo che il vento si stabilizzi qui facciamo notte, oltre alle risate che si farebbero quelli in ascolto su questa frequenza, allora? Aldo decide che a questo punto e' meglio sfruttare l'asfalto della pista 19 piuttosto che la terra battuta della 25, e dopo un ultima comunicazione radio da' manetta e in poche decine di metri siamo in aria, scelta azzeccata!
Questa volta rimaniamo bassi, il paesaggio non offre grossi spettacoli, ancora qualche grande miniera di diamanti, un paio di paesini di pescatori e poi all'orizzonte inizia a stagliarsi la sagoma inconfondibile della Table Mountain! Ancora un po' di turbolenza, e poi le voci familiari in frequenza e il traffico aereo intenso di Cape Town ci fanno rendere conto che siamo definitivamente tornati a casa!

venerdì 23 maggio 2008

Quinta Tappa Hobatere-Walvis Bay

19 Aprile
Piano di volo: Hobatere-Walvis Bay, miglia previste 300
Lasciamo la pista di Hobatere con dispiacere. Questo luogo ci ha regalato grandi immagini; seguendo le indicazioni del proprietario puntiamo decisi ad Ovest verso il "Khavarib Schlucht". Il Khavarib e' il nome, quasi impronunciabile, di un fiume che si insinua tra due montagne in un punto molto stretto creando uno scenario verde e surreale, in netto contrasto con il territorio che lo circonda.
Subito dopo ancora il silenzio. Le montagne ricamate dai vecchi corsi d'acqua.
Ecco il mare; come al solito alla sua vista ci sentiamo alleggerire. Scorgiamo una sua vittima: il relitto di una nave, imprigionato nella sabbia.
Anche se non ci sono strade, ma solo una pista appena tracciata sulla sabbia, vediamo alcuni automezzi e macchine da lavoro che ruotano intorno a degli scavi proprio vicino alla riva. Sono miniere di diamanti e da questo momento ne vedremo tante anche piu' all'interno della costa.
Lo strato di nuvole lungo la costa ci accompagna fino a Walvis Bay. Ogni tanto viene voglia di volarci dentro. Questa e' una zona aerea abbastanza frequentata ed il traffico radio si fa' intenso. Dobbiamo volare ad una quota gia' stabilita per evitare di incontrarci faccia a faccia con un altro aereo.
Walvis, dall'alto, ci appare piatta e ovattata, non vorremmo vivere qui.
Atterriamo con vento teso ma la pista e' talmente grande rispetto a quelle degli ultimi giorni che la manovra non ci preoccupa. Organizziamo subito per rifornire l'aereo, ricordandoci che e' sabato, e quindi l'addetto al carburante deve venire da casa. Aspettiamo un bel po', ma e' gia' tanto che arriva.
Il propietario dell'albergo dove passeremo la notte viene a prenderci in aeroporto con un comitato di accoglienza (due sue amiche) e ci porta a fare un giro turistico della citta' che si rivaluta ai nostri occhi, almeno rispetto alla prima impressione...si, va bene...ma...non ci convince piu' di tanto, ci sembra sempre piatta ed ovattata. Una cittadina industriale la cui vita ruota intorno al grande porto commerciale pieno di containers, e' il secondo sulla costa ovest africana come numero di movimenti dopo quello di Cape Town.

Quarta Tappa Hobatere-Tsumeb-Hobatere

18 Aprile
Piano di volo Hobatere(1)-Tsumeb(2)-Hobatere(1), totale miglia 400.
Il campo di Hobatere si trova sul confine ad Ovest dell'Etosha National Park, ritenuto uno dei migliori luoghi al mondo per osservare gli animali sia per numero che per tipologia.
Il cuore del Parco e' un immenso deserto salino pianeggiante di 5.000kmq di superficie che per alcuni mesi all'anno le pioggie trasformano in una laguna piena di fenicotteri rosa e pellicani bianchi. Per il resto dell'anno l'Etosha Pan, come viene chiamata la zona desertica, mantiene grandi pozze d'acqua dalle sfumature bianche e verdastre verso le quali affluiscono gli animali provenienti dalle foreste di mopane e acacia e dalle praterie circostanti. Queste pozze d'acqua sono alimentate per lo piu' da fiumi sotterranei.
Sorvoleremo il Parco all'altezza consentita per non disturbare gli animali.
In un primo momento facciamo rotta direttamente verso il centro del Pan, poi dopo mezz'ora di volo tutto quel bianco e quel riverbero sotto di noi ci fanno venire un po' d'angoscia e decidiamo di avvicinarci verso il bordo e proseguire cosi' fino a Tsumeb dove atterreremo per fare carburante.
Grandi macchie di fenicotteri rosa volano sotto di noi e distinguiamo tantissimi animali che si abbeverano anche se dalla quota in cui ci troviamo, circa 1500 piedi sopra il terreno, non riusciamo a capire esattamente cosa sono.
Ci vuole un'ora e mezza di volo per attraversare in volo tutto il Parco, e' immenso!
Tsumeb si trova circa 20 minuti di volo verso Est dopo il confine orientale del Parco. E' un paesino situato a circa 1000 metri di quota e vi si respira un'aria di montagna immersa com'e' tra i boschi di mopane e acacia. La pista e' ben tenuta ed in asfalto e la costruzione che rappresenta il terminal aeroportuale pur essendo piccolissima e' ben tenuta.
Ripartiamo dopo aver fatto il pieno di carburante, comprese le taniche che a Walvis Bay non ci avevano riempito, si vede che qui siamo in "provincia"! Dobbiamo rientrare ad Hobatere anche perche' abbiamo un appuntamento al quale non possiamo mancare, ci aspetta la famiglia Felinix per l'ultimo saluto visto che domani andremo via.
Questa volta sulla jeep non siamo soli, ed in fondo un po' ci dispiace.
La guida ritorna sul punto di avvistamento del giorno prima ma incontriamo i leoni inaspettatamente, in un altro posto, cosi' per caso.
Ci sono tutti, un po' meno tranquilli di ieri perche' vedono una jeep piu' grande e tanta gente sopra che rumoreggia. Le femmine ritardano l'inizio della caccia per non perderci di vista mentre i cuccioli impazienti di mangiare si spingono avanti come a sollecitarle.
Il piu' grandicello tenta un abbordaggio ad una zebra che lo caccia via e lui per ripicca si arrampica su un albero, probabilmente ferito nell'orgoglio, aspettando che la madre ripristini l'ordine delle cose uccidendo la zebra.

Sosta ad Hobatere

17 Aprile Riserva di Hobatere
"Avete sentito i leoni questa notte? Ci sono le tracce intorno al campo." Sono le prime parole, dopo il buongiorno, che sentiamo la mattina del 17 aprile. Naturalmente organizziamo subito le uscite nella riserva.
La passeggiata del mattino e' una replica piu' approfondita di quella del giorno prima. Bellissimo osservare gli animali al pascolo con le loro dinamiche sociali; i grandi erbivori la fanno da padroni sia per la mole che per il numero. Le zebre ci guardano indispettite e con i movimenti della testa sembrano dirci: se non andate via vi facciamo vedere noi!
Io comincio a canticchiare quella canzoncina degli anni 70 scritta da uno Zulu e diffusa nel mondo da un complesso di cui non ricordo il nome: "In the jungle, the mighty jungle, the lion sleep tonight...il leone si e' addormentato e non piu' ruggira', ogni bimbo che avra' tremato un po' riposera'..."
E poi insinuo, nella conversazione con la nostra guida, che comincio a non credere nell'esistenza dei leoni in zona visto che oltre le impronte non si vede altro.Il nostro driver incassa, sorride ma il suo sguardo adesso sembra piu' attento e non e' certo colpa sua se di leoni non c'e' ne' traccia!
Continuiamo ad essere soli nella jeep anche durante la passeggiata del pomeriggio alla quale la guida si presenta armata di ricevitore radio sintonizzato ad un trasmettitore di segnale posto al collo di un leone. Abbiamo capito che forse questa e' la volta buona.
Non imbocchiamo il solito sentiero ma andiamo verso una zona piu' lontana, con una certa fretta perche' il tramonto si avvicina velocemente. Per qualche tratto abbandoniamo anche la pista e utilizziamo il letto di un fiume asciutto con un incredibile guadagno di bellezza del paesaggio. Dopo qualche tentaivo non riuscito, e proprio mentre crediamo che anche per questa volta dovremo fare a meno dei leoni, il segnale diventa piu' forte fino a quando li scorgiamo, placidamente sdraiati su un gruppo di rocce: un intero gruppo famigliare composta da un maschio adulto, uno giovane, due femmine e tre terremoti di cuccioli.
Sono stupendi! I cuccioli ne combinano di tutti i colori sotto lo sguardo attento delle femmine che pur non mostrandosi infastidite non ci perdono mai d'occhio e si pongono sempre tra noi e i cuccioli. Il maschio adulto supervisiona.
Quando manca poco al tramonto le femmine si dirigono verso un gruppo di zebre, seguite o precedute dai cuccioli impazienti di giocare a cacciare le prede e sopratutto mangiare. Il nervosismo dei due maschi ci induce ad andar via. Non siamo armati se non del motore della jeep per scappare e tra noi e loro c'e' solo una trentina di metri o poco piu'.
Abbiamo fatto la nostra caccia grossa! Esterniamo la felicita' ed il ringraziamento alla guida che ci appare decisamente soddisfatta. Via di corsa verso il campo, siamo un po' in ritardo e potrebbero preoccuparsi. Aldo, ingenuamente forse, chiede come mai la jeep non e' munita di un vhf, cosi' in caso di necessita' potrebbe contattare il lodge...la guida lo guarda stupita e gli risponde "Che bisogno c'e' di una radio quando i cellulari funzionano perfettamente?"...
La sera a cena tutti sono informati del nostro avvistamento e il giro dell'indomani ha gia' diverse prenotazioni.

giovedì 15 maggio 2008

Terza tappa Sossusvlei-Hobatere

16 Aprile
Piano di volo: Sossusvlei (1)- Walvis Bay (2)- Hobatere (3) totale miglia 415
Ci aspetta una lunga giornata di volo. Faremo un balzo verso Nord fino al confine sud ovest del grande Etosha National Park. L'arrivo e' previsto ad Hobatere, una riserva privata con annesso campo di atterraggio, ma prima dovremo fare una tappa a Walvis Bay per il rifornimento di carburante.
Decolliamo presto e facciamo un paio di giri intorno alla zona del Lodge, cosi' per gustarci dall'alto la visione del posto che ci ha ospitati in maniera sublime negli ultimi due giorni; tenendo una velocita' bassa, per quanto e' possibile sempre 80 nodi sono, sorvoliamo ancora una volta il letto del fiume con la sua cornice di dune uniche al mondo. Dopo poco il colore giallo-rosato assorbe il paesaggio e le grandi dune scompaiono all'improvviso cosi' come sono comparse alla nostra vista. Voliamo verso la costa facendo rotta per Nord Ovest per non allungare troppo il percorso. Scomparse le grandi dune inizia lo spettacolo delle geometrie di colore che la sabbia crea con le sue ombre.
Sappiamo che a sud di Walvis Bay c'e' il relitto di una nave e aguzziamo lo sgaurado in direzione della costa per essere certi di non perderlo.
Ad un certo punto vedo una chiazza nera certamente in contrasto con il giallo-rosa della sabbia intorno a noi. Chiedo ad Aldo di fare un passaggio basso vicino alla macchia, anche se, vista la distanza dal mare, potrebbe non essere il relitto.
Invece e' proprio lui, incredibile! E' il relitto della Eduard Bohlen che nel 1909 si incaglio' mentre trasportava materiale per i giacimenti diamantiferi. Il litorale e' cosi' cambiato che ora la nave si trova adagiata su una duna ben distante dal mare!
Sotto di noi non vediamo strade o piste che portano a lei.
Seguiamo la costa che per fortuna non e' coperta dalla nebbia, o almeno non del tutto! Per un lungo tratto, prima di Walvis Bay, la sabbia forma un vero e proprio gradino sull'acqua e in alcuni punti pittoresche lingue rosa si allungano verso il mare.
Anche se l'apparenza inganna, l'aeroporto di Walvis Bay e' un vero aeroporto, e' il secondo aeroporto della Namibia, con tanto di torre di controllo e di omino che risponde alla radio, anzi non solo, dalla stessa torre controlla anche il traffico sul vicino aeroporto di Swakopmund, circa 15 miglia a nord...quando si dice l'organizzazione! Comunque sempre in mezzo al niente siamo...
Dopo l'atterrraggio Aldo chiede il rifornimento e dopo qualche minuto arriva la cisterna, questa volta e' un normale camioncino con cisterna!
La citta' ha i suoi inconvenienti: la burocrazia. Non capiamo per quale maledetto regolamento burocratico non ci vogliono riempire le due taniche di plastica supplementari, dicono che non e' permesso! Non possiamo fare altro che protestare, senza successo. Fortunatamente nei prossimi giorni avere quelle due taniche in piu' non sara' cosi' importante come nelle prime tappe.
Dopo il decollo continuiamo a volare lungo la costa ancora per un po' e scorgiamo le vasche colorate delle saline a nord di Walvis, e' lo stesso sale che si compra a Cape Town!
Lasciamo la costa che si protende verso nord ovest e continuiamo a dirigerci verso nord nord est in direzione del Messum Crater: due cerchi concentrici di colline si sono create in seguito al collasso della bocca di un cratere che ha il diametro di 20 km. All'interno un microcosmo dimenticato dal mondo che potrebbe tranquillamente essere lo scenario di un altro film di Jurassic Park. Purtroppo le foto non rendono bene, vista la grandezza del soggetto, anzi si vede meglio con Google Earth!
Il paesaggio e' cambiato nuovamente, la pietra rossa ha preso il posto della sabbia.
Stiamosorvolando la regione del Damaraland caratterizzata dalla presenza della montagna piu' alta della Namibia, il Brandeberg, alta 2573 mt. Illuminato dal sole il granito e' rosso, veramente spettacolare!
Le pareti rocciose della montagna conservano pitture rupresti risalenti a 16.000 anni fa. La piu' famosa e' quella della Signora Bianca rappresentata da una figura alta 40 cm. dipinta di bianco, non necessariamente una donna, che in mano sembra tenere un calice e nell'altra un arco con delle frecce. Noi naturalmente non l'abbiamo vista dall'alto, ma in compenso abbiamo potuto ammirare l'intero splendore del Brandeberg.
Questa terra e' forte, bella ma veramente difficile per viverci. Animali e uomini devono aver tirato fuori tutta la loro capacita' di adattamento per sopravvivere qui.
Adesso cerchiamo la pista di Hobatere. Via radio sentiamo la comunicazione di un altro aereo che mentre stava atterrando li' ha avvistato poco vicino alla pista un elefante che rincorreva un leone: sara' uno scherzo?
Carta in mano cerco di aiutare Aldo nel riconoscere corsi d'acqua e colline per individuare la posizione della pista. Siamo perplessi dalla presenza, sotto di noi, di decine di piccole colline, poi improvvisamente eccola, la pista si allunga all'interno di una piccola valle, circondata su 3 lati da colline. Mi domando come faremo ad atterrare in cosi' poco spazio, ma se lo fanno altri lo psiiamo fare anche noi...e giu' il musetto di PMY!
Atterraggio perfetto, lo dico che Aldo non sapra' piu' atterrare su piste in asfalto!!!
Alla fine della pista c'e' un piccolo hangar con dentro un aereo simile al nostro. Appartiene ai proprietari della riserva, del resto qui l'aria e' la via di comunicazione piu' semplice da percorrere. Un ragazzone alto e sorridente, il figlio del propietario, ci e' venuto a prendere con la Land Rover del lodge; pur essendo quest'ultimo a circa 300 metri dalla pista non e' prudente camminare a piedi fuori dal campo recintato per via degli animali in zona, anzi ci fa' subito notare che proprio accanto al ruotino anteriore del nostro aereo c'e' l'impronta abbastanza fresca di un leone adulto! Cominciamo a credere alla comunicazione radio che abbiamo sentito! Aldo tranquillizza PMY, ai leoni l'alluminio non piace!
Il Lodge di Hobatere e' situato all'interno di quella che fino a qualche anno fa' era una riserva di caccia, per intenderci di quelle dove i bianchi armati di fucili, scortati da neri armati di lance, andavano ad uccidere tutti gli animali che incontravano. A detta di Steven, il proprietario, dopo una introspezione ed una presa di coscienza la riserva si e' trasformata in parco ed i neri accompagnatori si sono trasformati in abili guide. Io non credo molto alla motivazione del cambiamento, ma sia noi che gli animali ci abbiamo certamente guadagnato.
Gli alloggi sono casette con il solito tetto di arbusti che in poco spazio contengono tutto quello che serve. Il posto e' dotato di un generatore che viene acceso solo dalle 17 alle 22, per poi fare spazio ai vecchi sistemi di illuminazione, candele e lampade a petrolio. E' un posto caldo ed accogliente, in tutto stasera siamo solo 12 ospiti tra i quali un gruppo che domani partira' con i cammelli per addentrarsi nel deserto roccioso...e qualcuno osa pensare che il modo in cui viaggiamo io ed Aldo sia pericoloso? Questa gente aderisce ad un programma che in questo modo raccoglie i fondi per salvare i rinoceronti. Ma non era piu' semplice vendere torte?
Non vediamo l'ora di andare in giro in cerca di animali. Concordiamo il primo tour in macchina per le 16, giusto il tempo di rilassarci un po'.
Non e' necessario allontanarsi molto dal campo per incontrare di tutto. Il primo incontro e' con un serpente (ricordiamoci di chiudere bene la porta stanotte!), poi un esplosione di zebre, orix, kudu, blesbok, springbok, vediamo anche un camaleonte che riesco ad accarezzare nonostante le sue proteste. Centinaia di formicai di notevole dimensione, con la punta rivolta verso Nord, costruiti cosi' dalle formiche.
Il fuoristrada cammina lentamente sulla pista assolutamente sconnessa dalle ultime abbondanti piogge. Intorno a noi la savana di arbusti spinosi, boschi di acacie ma sopratutto vasti boschi di mopane. L'aria e' profumata di odori selvatici ed intensi.
Tantissimi uccelli, grandi e piccoli, e migliaia di libellule dorate. La guida si ferma e da un ramo di mopane stacca una foglia sulla quale un enorme bruco colorato e' intento a fare provviste prima di chiudersi nel bozzolo e diventare...libellula! Questi bruchi, detti vermi del mopane sono considerati una prelibatezza dai locali che li consumano appena bolliti. Con tutto il rispetto che ho per le abitudini alimentari di altri popoli non sono proprio curiosa di assaggiarli! I rami del mopane sono appesantiti da centinaia di cicale che non finiscono mai di frignare anzi al nostro passaggio aumentano il volume.
Rientriamo qualche minuto prima che si spenga il tramonto. Siamo da soli in macchina con la guida che gioisce insieme a noi dei profumi della sera.